F[R]EE - Behind the scenes of Free Party movement con Alessandro Ugo


F[r]ee- Behind the scenes of the Free Party movement, un documentario che ripercorre la scena rave dalla sua nascita ad oggi,
 tramite filmati e interviste ad alcuni dei protagonisti di questo movimento.
Dopo la visone del reportage abbiamo voluto affrontare alcune tematiche controverse che negli anni hanno affiancato questo mondo con qualche domanda e riflessone insieme al suo regista Alessandro Ugo.


Alla fine degli anni ‘80 si passa dalle band alla musica elettronica e al suo incontro con gli psichedelici, dando vita a party che continuano per tutta la notte. Questo, insieme all’ avvento tecnologico, segna l'Ora Zero.

"Durante la Zero Hour, tutto era così nuovo che qualsiasi cosa sembrava eccitante, tutti quanti sentivano sopra di sé la stessa vibrazione. Anche perché nel 1988, a quelle feste quasi nessuno aveva provato ad assumere sostanze da sballo. E quelle notti, per la prima volta, tutti quanti provavano gli stessi effetti. L'Ora Zero della tecnologia, l'Ora Zero delle droghe da discoteca, l'Ora Zero della cultura underground. Fu davvero l'inizio di qualcosa di nuovo."

Sono passati più di 30 anni e l'effetto di novità si è inevitabilmente attenuato; non ci sarà più un' Ora Zero collettiva. Tuttavia penso che chi si avvicina oggi per la prima volta al mondo dei free party, possa vivere ancora qualcosa di simile ad un' Ora Zero più individuale; un nuovo punto di partenza, una nuova visione rispetto a ciò a cui si era abituati. Sia questo guidato dalle dalle sostanze oppure no.

Il concetto di Ora Zero è forse quello che mi affascina di più. Un connubio di diversi elementi in un determinato momento storico che ha dato luce ad una nuova cultura o come spesso la definiamo, controcultura.
Lo sviluppo tecnologico ha permesso che alcune strumentazioni musicali potessero aver prezzi più accessibili e poter essere usate anche in casa, in un garage… senza doversi recare a grossi studi di registrazione, con costi fino a quel momento proibitivi a qualsiasi amatore.
L’inizio della fine dell’enorme ondata di eroina e la voglia di stare insieme, piuttosto che isolarsi, ha contribuito ad una domanda sempre più alta di droghe ricreative: ecstasy, LSD, anfetamine..

Ed infine l’incontro tra la cultura traveller e gli Acid House inglesi: un mix che inizierà a lasciare il segno sino ai giorni d’oggi, dando forma ai primissimi Free Party.

Tutto ciò accadeva circa 35 anni fa, e sono d’ accordo che l’effetto novità si sia sbiadito, ma non per questo dobbiamo togliere importanza all’ Ora Zero individuale: la mia prima esperienza ad un Free Party nel 2005 è stata tanto fantastica tanto quella di un altro diciassettenne del 1990 e quella di un altro nel 2024.

Non credo possa esistere un nuovo punto di partenza, tuttavia mi riferirei ad una deviazione evolutiva. Alcuni anni hanno visto un’ evoluzione lenta, altri più veloce. Necessariamente più veloce, soprattutto negli ultimi paio d’ anni dove le leggi anti-rave hanno drasticamente cambiato le carte in gioco in Italia.

Io non ho risposta, né tantomeno soluzione permanente, e di certo rispondere da reduce “ eh ora tutti i rave fanno cagare, una volta era molto meglio” non mi si addice. Anzi, penso proprio sia qualcosa che va contro i valori stessi del Free Party. Quello che cerco di fare è condividere il mio bagaglio d’esperienza in modo costruttivo. Quali sono stati i valori che hanno reso i Free Party così popolari? Cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato? È possibile un dialogo con le forze dell’ordine? Se il Free Party è così tanto sotto il faro dei riflettori dei media è perché loro sono tutti degli stronzi assoluti ed io sono nella piena ragione? Perché vado a una festa? Sono capace di guardarmi dentro, mettere da parte orgoglio e motivare le mie scelte?

Senza giudizio, ci mancherebbe.


Spesso gli artisti provenienti dal mondo dei free party vengono criticati quando si esibiscono nei club. Nonostante ciò sia diventato un modo per autofinanziarsi, le critiche trovano fondamento, poiché il free party nasce anche come alternativa ai club e alle loro dinamiche (come i buttafuori, prezzi elevati e selezione all'ingresso). Anche se si comprende l'aspetto economico per gli artisti, la presenza di grandi nomi della scena su flyer di locali ad esempio con tariffe differenziate tra uomini e donne solleva interrogativi sul messaggio trasmesso dalla serata e dall' artista stesso/a. 

Non penso che il Free party nasca solo come alternativa al club. Il Free Party, o meglio ancora TAZ, nasce dall’ideologia di risemantizzare un luogo dandogli vita e valore per un delimitato periodo di tempo creando qualcosa di nuovo. In questo caso una festa.
Le alternative ai club ci sono sempre state, quando prima ancora degli anni 90 esistevano i Free Festival: musica gratuita che andava avanti per ore, giorni...
La concezione dell' “andare contro al club” come status quo è arrivata molto più tardi, prima offriva solo un’alternativa. Nessuna selezione all’ingresso, nessun biglietto di ingresso (senza dimenticare le donazioni ai sound system), possibilità di poter ballare per giorni non-stop e di potersi ripigliare nelle tende o van a pochi passi dalla dance floor. La discoteca ha iniziato a rappresentare il capitalismo, l’incarnazione estrema della società da cui si voleva stare alla larga, fuggire… piena di regole ingiuste e persone feroci.

Questo contrasto così forte penso si sia evoluto principalmente in Francia, Italia e Spagna mentre negli UK, paese di origine dei Free Party, non si è mai solidificata. Per essere underground non si è mai dovuto avere i dreadlocks, il cane, la maglietta dei Lakers e 12 pearcings. Non si è mai dovuto rifiutare attivamente la discoteca. Conosco membri di sound system che non hanno problemi a farsi una serata in un club. Probabilmente a quella serata ci suona 69db o Chris Liberator, e non il dj mainstream. Ed allora da dove arrivano tutte le critiche agli artisti che suonano anche nei club?
Fermiamoci un attimo e chiediamoci: come fanno a sostenersi per vivere? Come si può vedere nel documentario le opzioni spesso sono due: o spacci, o sei figlio di papà. E magari a 45 anni con due figli ed una casa da pagare, non hai più voglia di spacciare…

È importante, credo, non fare di tutta l’ erba un fascio, considerando tutti i club e festival uguali. Ci sono quelli super commerciali con la tanto ingiusta selezione all’ ingresso, l’ omaggio donna, i cocktails costosissimi.. e ci sono quelli molto più underground. Spesso gestiti da ex sound system del Free Party, stanchi di fare le nottate in questura, di andare in giudizio e di vedersi l’impianto sequestrato.

E se proprio qualche artista va anche a suonare in un club commerciale, anziché puntare il dito su di loro, perché non ci chiediamo cosa abbiamo fatto noi per farlo restare nella scena del Free Party? Cosa lo ha portato ad andarci?

Questo è uno dei punti centrali del mio documentario, approfondito ancora di più nell’ intervista completa di Sebastian aka 69db degli Spiral Tribe (potete trovarla sul mio sito).

Un’artista deve essere underground di mentalità, è questo ciò che importa..

Nel film viene argomentato un dibattito sul fatto che il denaro possa compromettere le vibes del mondo dei free party. Alcuni partecipanti concordano con questa idea, nonostante non siano necessariamente coinvolti nell'organizzazione degli eventi e non comprendano appieno le spese correlate. Al contrario alcuni organizzatori sostengono che "Give to the sound is the new message".

È forse la demonizzazione del denaro, indipendentemente dalle circostanze, un modo per preservare questa scena dalle logiche dominanti della società, cercando di evitarne la trasformazione in un business come qualunque altro?

Credo sia essenziale una distribuzione equa del denaro. Non trovo giusto che una piccola élite possa possedere più ricchezze di intere nazioni. Sono comunque favorevole all'importanza di generare un profitto e penso che sia perfettamente legittimo voler guadagnare per vivere e mantenersi.
“Give to the sound is the new message” è bellissimo. In UK è sempre stato così, mentre in Italia si è purtroppo persa questa concezione. Io spero che il mio documentario, i vari dibattiti e le varie interviste scritte possano incoraggiare le nuove generazioni a capire l’importanza del sostenere i sound system, ovvero coloro che stanno dedicando la loro vita per organizzare Free Party. 
Ed è proprio grazie alle donazioni che i vari DJ dei sound system potranno rimanere nel Free Party, senza dover avere bisogno di suonare al club.
Le mele marce sono ovunque, ed è difficile tracciare una linea su quello che è business e quello che non lo è. I vinili, le magliette, le salamelle, i braccialetti alla bancarelle dei Free Party sono business? E chi vende droga, fa business?
Trovo tanta ipocrisia nel Free Party in coloro che demonizzano il denaro, in quanto queste stesse persone di problemi non se ne fanno proprio quando arriva il momento di comprarsi birre e buste.


Il mondo dei Free Party spesso è associato musicalmente alla tekno / tribe. Personalmente trovo l'apertura a tutti i generi musicali fondamentale perchè porta all'unione delle diversità.
Penso però che in quanto cultura underground ci debba essere comunque una ricerca in quello che viene proposto a livello musicale. Concordi con questo o ritieni che dovremmo essere più aperti ed aspettarci dj set di trend di TikTok e tracce da BeatportTop 100?

Tra il bianco e il nero c’è il grigio. Penso che l’apertura musicale che si vuole promuovere non sia davvero a 360 gradi. Nessuno si aspetta né desidera sentire l’ultima hit di un cantante pop internazionale; parliamo sempre di generi elettronici e/o underground, dalla techno alla house, passando per il punk, lo ska e il reggae.

Credo sia fondamentale promuovere un’apertura musicale all’interno dei Free Party. In Italia è raro trovare generi "alternativi", mentre nel Regno Unito la situazione è quasi opposta: generi come drum'n'bass, jungle, techno, EDM e garage prevalgono rispetto alla tekno. Tutto questo può essere fatto dando spazio e precedenza a brani di artisti indipendenti e underground, ma anche senza scandalizzarsi se parte un pezzo della/del dj techno in voga in quel momento.

Il primo passo deve partire dai sound system stessi: la gente balla e si diverte con quello che viene proposto. Quindi, portiamo più band punk dal vivo, mettiamo un bel pezzo rock e facciamo partire un bel pogo con musica ska!

È solo questione di abitudine…

 
Un concetto molto interessante che emerge dal film è quello di considerare i Free Party come luoghi che promuovono la costruzione di passioni integrabili alla vita quotidiana. Artisti e artiste, DJ, produttori, writer, filmmaker, fotografi, scrittrici e fonici trovano spazio, creando soggettività che mantengono un piede nella società ed uno nell'underground. Ritieni che questo possa essere un buon compromesso per coloro che non si ritrovano in stile di vita nomade/ traveller ? Quali critiche potrebbero essere mosse a riguardo?

I traveller nel 2024 costituiscono la minima parte dei partecipanti dei Free Party. Per lo più sono party-goers che abbracciano il movimento e che per decisioni personali preferiscono partecipare solo per il weekend. Spesso ho sentito il termine “raverini del sabato notte” usato in senso dispregiativo, e questo mi ha sempre rattristato. Io stesso per esempio, pur avendo fatto decine di feste in tutta Europa, non ho mai lasciato gli studi ed il lavoro per fare il traveller. E non me ne vergogno. Né me ne vanto. È semplicemente la mi scelta. Le critiche le muoverei piuttosto a coloro che hanno deciso di abbracciare solo ed esclusivamente i Free Party, creandosi una chiusura mentale e sentendosi i “re della festa”. E di questi ne ho incontrati parecchi..
L’integrazione di una passione tecnico/professionale all’interno dei Free Party è un concetto importantissimo. Forse uno dei punti di salvezza del futuro dei Free Party, se non ci si vuole limitare a vederlo come un gruppo di gente strafatta davanti a qualche cassa che balla per ore e ore.

Poter avere la possibilità di imparare a suonare, mixare audio e video, montare un impianto audio, gestire il tutto … bhe questo è per me uno degli elementi fondamentali del concetto di Free Party, che dovrebbe unirci e farci crescere si personalmente che come comunità.


La presenza nell'ambiente dei Free Party è prevalentemente maschile; ritieni che sia dovuto ad una mancata inclusività nel corso del tempo ? Ad una mentalità machista di alcuni suoi organizzatori/partecipanti ? O ad altro ancora ?

L’ambiente underground è uno dei più inclusivi che abbia mai visto. Bianco, nero, blu, rosso, verde, gay, etero, alto, basso, grasso, magro… tutti sono benvenuti. Certo, qualcuno con idee più chiuse c’è sempre, ma parliamo in generale. La presenza maschile, che trovo esagerato definire “prevalente”, credo sia legata a fattori storici e culturali. Fino a poco tempo fa, le donne erano confinate in casa, senza neanche il diritto di voto. È un retaggio che fortunatamente e finalmente la nostra società sta superando, ma ci vuole tempo.

Abbiamo avuto donne come la Betty, pilastro del Free Party, e fotografe come Valentina Morandi, Cheyenne Clementi e Molly Macindoe.

Spero che in futuro ci sia ancora più partecipazione e integrazione nel movimento Free Party.

"Vai al Rave e non sai cosa trovi”. Una delle parti estremamente eccitanti è anche questa. O meglio, era anche questa, oggigiorno prima ancora che cominci la musica sappiamo esattamente cosa ci aspetti; tutto viene postato sui social praticamente in diretta. Come viene percepito questo da chi lavora come te nel mondo dell' arte visiva ?

Avrebbe mai senso un divieto per foto e video ,come quello di alcuni club/party, nella scena dei rave illegali ?

La buona cara vecchia discussione di foto e video ai Free Party! Ormai da 30 anni, argomento dalle molteplici sfaccettature.
Proprio recentemente ne ho discusso con Molly Macindoe, probabilmente la prima fotografa a documentare i Free Party negli UK e poi nel resto d’ Europa da fine anni ’90 per i successivi 20 anni. Nella discussione c’era anche Chris Liberator, DJ e producer  che non ha bisogno di introduzioni! (potete guardare l’intero dibattito sul mio sito)
Personalmente penso che dipende dalla motivazione che sta dietro alla foto/video: faccio parte della comunità underground ed ho interessa a documentare, con rispetto, un pezzo di controcultura, o voglio fare il figo postando un selfie di io che ballo tutto fatto con una bottiglia di vodka in mano sottocassa per portarmi a casa qualche like ?
Io ringrazio chi 30 anni fa si portò un’analogica o una 16mm ai primissimi Free Party … possiamo oggi rivivere le stesse emozioni, condividendole anche con le future generazioni.
I fotografi che ho conosciuto hanno praticamente sempre chiesto il permesso ed hanno scattato con il più alto rispetto, come per esempio Valentina Morandi, andando indietro di  un paio di generazioni, o Tito di Brutti.Sporchi.Cattivi, restando ad oggi.
Non penso che il motivo per cui ci si aspetta cosa c’è ad un Free Party sia colpa delle foto e video. Macchine fotografiche e videocamere esistevano già da molto prima del primo Free Party, e sono state portate anche nei primissimi Acid House nelle fabbriche inglesi a fine anni ’80.
Sicuramente non possiamo trascurare che oggigiorno è diventata la norma fare foto e video ai Free party, ma lo è diventata anche nel fare foto al cibo al ristorante, al cane quando fa la faccia buffa, alla macchina figa quando passa … che ci piaccia o no è l’ evoluzione della società in cui viviamo. E citando Andrea Zambelli “le feste sono lo specchio della società che stai vivendo”.
Concludendo con un suggerimento di come poter far tornare la magia del non sapere cosa ci aspetta: se qualcuno posta foto o video, magari addirittura in diretta sui social … bhe non guardare i social! Vedrai che la magia del non sapere dov’è la festa e doverla cercare nella notte buia senza Google Maps, del non sapere chi suona e quali visual ci sono, tornerà.
Il cambiamento inizia dal singolo!

La codificazione di un movimento libero tramite film, libri podcast e interviste (compresa questa)  può delimitarne i confini e le regole; segnando ciò che è ritenuto giusto o sbagliato e portando il movimento alla standardizzazione. Più si conosce su questo ambiente più è facile intercettarlo, copiarlo e contenerlo.
Come si contrappone questo a chi monta un party illegale prendendosi tutti i rischi ? Può essere un sostengo o un ostacolo ?

Può servire comunque una presa di coscienza collettiva anche se non innesca nessuna reazione ?
 
La presa di coscienza collettiva è fondamentale. Tuttavia utopistica … Siamo, solo nell'ambiente underground, decine di migliaia e non possiamo avere tutti la stessa idea. Quello che magari posso proporre io può non andare bene a te e viceversa. Non arriveremo mai ad un accordo comune. Non c’è mai stato un accordo comune.


Quello che intendo io come presa di coscienza collettiva deriva dal singolo, ed è un po’ il mio credo, filosofia di vita: DBAC -  Don’t be a Cunt. In italiano: non fare lo stronzo. E di stronzi nei Free Party ne ho conosciuti tanti quanti nel giro delle discoteche, che ho frequentato ed in cui ho anche lavorato per anni.

Sin dal primo Free Party negli anni ’90 se ne è parlato, se ne è scritto … documentando questo movimento in maniera più o meno costruttiva. Ciò che è sbagliato è quando un telegiornale si sofferma all’abuso di sostanze illegali e di musica alta, dipingendo tutti come criminali  reietti della società. Quando invece membri della comunità underground stessa ne parlano in maniera funzionale allora penso sia positivo per la scena.

Per citare alcuni esempi abbiamo Pablito El Drito e Vanni Santoni, coi loro ormai innumerevoli libri, Andrea Zambelli, autore del documentario “ Tekno – Il Respiro del Mostro” o “Andrea Scarcella  con “Roma Illegale”

Peace.

















Immagini di Tito @brutti.sporchi.cattivi









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